giovedì 5 luglio 2012

La Via prosegue, non ha porte...

Buongiorno e ben trovati! Mi scuso per l'assenza - un mese è proprio tanto, ma sono stata risucchiata da tante cosacce.

So che qualcuno si sarebbe aspettato una bella reccy su "Fifty shades of black", ma non sono riuscita ad andare oltre la ventesima pagina. Ora che ci penso, mi sembra la recensione più completa e accurata che possa dare in merito.

EDIT: cinque minuti dopo aver postato, mi sono accorta di non aver detto una cosa. Questo è il primo post di una rubrichetta; quando non faccio quella che mangia yogurt scaduti, scrivo recensioni sui libri che mi hanno cambiato la vita.

Oggi sono qui per raccontarvi una storia. Di solito lo faccio altrove, ma concedetemi un'eccezione.

Questa storia inizia undici anni fa.

Dovete sapere che mio padre tornava a casa tutti i venerdì, solo i venerdì, poiché lavorava in prossimità di Brescia. Ogni tanto mi portava un regalino, spesso dei libri. Mi è sempre piaciuto leggere, sia i classici che qualcosa di un po' più particolare. Uno di quei venerdì si presentò con un libro spesso e marrone, che superava le mille pagine: quelli che in gergo chiamiamo "mattoni".

"Te l'ho preso perché sta per uscire il film. Tra qualche mese. Magari leggi prima il libro, è tipo Harry Potter."

Le ultime tre parole mi catturarono, anche se mi accorsi subito - dalle settantotto pagine di introduzione di Elémire Zolla, per dirne una - che con la saga di Harry Potter quel libro marrone non aveva proprio nulla a che fare.

Era scritto piccolo. Piccolo e in un font fastidioso, non agevole alla lettura. Però la storia che si nascondeva in quelle pagine ti prendeva, ti catturava, ti afferrava e ti inseguiva anche quando quel libro marrone era lontano.

Prima ci fu Bilbo. Bilbo che doveva organizzare la festa di compleanno, un vecchio pazzo ma tutto sommato simpatico. Poi, una quarantina di pagine dopo arrivò Frodo: per lui fu amore a prima vista. Rimasi terrorizzata a Brea, mi uscirono le prime lacrime a Colle Vento. Credetti che non ce la facesse a Gran Burrone (ai tempi ero molto più ingenua di adesso e temevo che persino il protagonista potesse morire. Ora che ci penso, sono contenta di non aver letto Le cronache del ghiaccio e del fuoco fino a cinque mesi fa)

Il vero eroe, per me, era Grampasso. Non Aragorn - nella mia testa rimase Grampasso per tantissimo tempo, come per Frodo e gli altri hobbit. Non nego che il piacevole aspetto di Viggo Mortensen non abbia fatto la sua parte, quando uscì il film, ma Grampasso-Aragorn fu sempre il mio principe azzurro... almeno fino a qualche mese fa, ma questo ve lo racconto tra un po'.

Quando Gandalf cadde a Moria, chiusi il libro per una settimana. Per me non si poteva continuare senza di lui; non sapevo che poche pagine dopo avremmo incontrato la magia di Lothlórien e Galadriel. Alla morte di Boromir non versai nemmeno troppe lacrime; l'ho odiato dalla sua prima comparsa.

Ricordo chiaramente di aver letto tutta la seconda parte de "Le due Torri" in una domenica pomeriggio, forse si trattò della prima delle mie maratone di lettura. Negli anni a venire, ho riletto anche l'intera saga in pochi giorni. Non so dire quante volte ho riaperto quel libro marrone o più recentemente l'ebook con l'albero bianco di Minas Tirith in copertina, ma so per certo che superano abbondantemente le centinaia.

C'è una cosa di cui mi sono accorta solo poco fa, solo dopo una delle ultime riletture e visioni dei film.
Ammetto candidamente di averci fatto caso troppo tardi, di non aver mai dato abbastanza giustizia a questo personaggio.

Le ragioni per cui ho cambiato idea, fondamentalmente, sono due.

La prima:

"E lì Sam, sbirciando fra i lembi di nuvole che sovrastavano un'alta vetta, vide una stella bianca scintillare all'improvviso. Lo splendore gli penetrò nell'anima, e la speranza nacque di nuovo in lui. Come un limpido e freddo baleno passò nella sua mente il pensiero che l'Ombra non era in fin dei conti che una piccola cosa passeggera: al di là di essa vi erano eterna luce e splendida bellezza."
La seconda:



Ogni volta che penso a Sam Gamgee, capisco che è lui il vero eroe della saga, lui il principe azzurro che ho sempre sognato. Sam non è un semplice gregario, ma è un portatore dell'Anello a tutti gli effetti.
Sia la scena finale del film che il suo viaggio finale nel libro sono strazianti; ormai è rimasto solo, ha perso la sua metà. C'è chi ci ha visto una vera e propria storia d'amore, chi soltanto amicizia: per me è uno dei legami più forti e belli mai creati, di qualunque cosa si tratti.

Non penso che "Il signore degli Anelli" dovrebbe essere letto nelle scuole, nonostante l'affettuoso sorriso che mi è comparso quando ho visto la pagina dedicata a Tolkien sulla mia antologia; l'approccio dovrebbe essere libero e individuale, perché solo così può nascere una relazione stretta.

L'unica, immensa, insostituibile ed eterna storia d'amore della mia vita.